Arte in Namibia: township art e spettacoli

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In Namibia, come in altre zone dell’Africa, sta emergendo una nuova e vivace corrente artistica, la township art. Questo termine, coniato nelle bidonville del Sudafrica, descrive una nuova generazione di artisti che, avendo usufruito di borse di studio e di prestiti agevolati, ha studiato arte alla Windhoek Academy, oggi University of Namibia, o in scuole d’arte private a Luderitz Bay. Tra questi, Joseph Madisia, Andrew von Wyk e Tembo Masala sono già piuttosto celebri.
In gergo nero, “sharp”, letteralmente “affilato”, è il superlativo di buono e i disegni dipinti da questi giovani artisti, che raffigurano la vita nelle bidonville sovraffollate narrando la sofferenza e la protesta, sono sharp – oltre a essere aggressivi, divertenti, cinici e profondamente realistici.

LA TOWNSHIP ART
I colori tendono ad essere sgargianti e stridenti; azioni semplici sono amplificate con superba espressività. Sono opere che seducono gli osservatori attraverso il loro realismo senza filtri; allo stesso tempo, presentano una forma di equilibrio tra la vita cittadina di tutti i giorni e il mito africano. Uno dei nomi più noti del panorama artistico della Namibia di oggi è John Muafangejo, di origine ovambo, scomparso tragicamente ancora molto giovane.
Muafangejo, nonostante i viaggi in Sudafrica e in Europa, non si è mai lasciato influenzare da alcun elemento stilistico europe. Le sue incisioni in linoleum con scene di vita tradizionale ovambo, e la sua visione della storia biblica, sono assolutamente originali e uniche, tanto che oggi le sue opere hanno raggiunto quotazioni importanti sul mercato dell’arte del Sudafrica.

LO SPETTACOLO IN NAMIBIA
Il canto e la danza sono state tra le prime forme di espressione artistica di questi popoli. Fin dal Medioevo i navigatori portoghesi poterono assistere a esibizioni di musicisti locali che suonavano flauti di canne nei villaggi lungo le coste. Nel 1668 altri viaggiatori documentarono esibizioni di canti nei kraal neri.
I nama, che abitavano il centro e il sud della Namibia, possedevano una grande varietà di strumenti musicali tecnicamente avanzati, costruiti a mano, che furono in parte adottati dai san e khoisan: ciotole coperte da pelli tese che fungono da tamburi, uno strumento a corde chiamato gora e il ramki, una specie di chitarra con tre o più corde ricavate da peli di coda di bovino o fibre di piante.
I flauti di canne erano usati per creare l’atmosfera durante i rituali religiosi tradizionali, in cui i fedeli imitavano movimenti di animali per invocare gli spiriti, con l’accompagnamento di sonagli di ossa per tenere il ritmo. I clan nativi usavano inoltre sonagli ricavati da zucche e trombe fatte con corni di antilope. Nel nord della Namibia, gli ovambo e i kavango usavano degli alti tamburi di legno, nel Caprivi i suoni erano arricchiti dalla presenza degli xilofoni. Nell’Okavango i tamburi tradizionali e altri strumenti sono acora oggi usati per le danze rituali e durante le funzioni cristiane.

Tutto questo e molto più è oggi visibile al turista che si rechi in Namibia…

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