Torino, itinerario goloso sulle tracce dei pasticcini del re

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Devono essere più’ piccole che si può, sofisticate e dolcissime. Hanno incantato, nei secoli, Nostradamus e Guido Gozzano, Alexandre Dumas e Friedrich Nietszche, che le hanno citate piu’ volte nelle loro opere. Le delizie delle pasticcerie torinesi sono famose in tutto il mondo. Ora l’ente turistico di Torino e provincia ha raccolto in una piccola guida le 16 irrinunciabili, e le pasticcerie che le producono. In rigoroso ordine alfabetico si parte con gli amaretti: giunti probabilmente dai paesi arabi, attraverso la Sicilia, gli amaretti di casa Savoia non sono troppo dolci perche’ contengono il 40% di mandorle amare e qualche armellina (noccioli di albicocca). Poi ci sono gli Anisini di Chivasso – digestivi grazie ai semi di pimpinella anisum, o anice verde – e i Baci di Dama.

Baci di dama, gianduiotti e bignole
Sono conosciuti in tutta Italia ma in Piemonte sono mignon e arricchiti da noccciole. Ma il dolce piemontese per antonomasia – forse a pari merito con il gianduiotto – sono le bignole: nate nel Settecento, quando la snellezza non andava di moda, devono essere minuscole e ripiene di creme a diversi gusti. I ”brut e bun” sono dolci ruvidi e grezzi a base di albume e nocciole o mandorle. Fino al 1800 venivano considerati dolci da digiuno ed erano l’unico peccato di gola consentito in Quaresima. I ”biscotti della Duchessa”, originari di San Giorgio Canavese, furono intitolati a Lidia D’Arenberg, duchessa di Pistoia, che li usava come scusa per visitare San Giorgio, dove aveva un amante.

I canestrelli
I Canestrelli seguono diverse ricette: quella piemontese somiglia a una cialda, e nel medioevo era conosciuta con il nome di ”nebula”, variante dolce dlel’ostia cattolica. I ”cri cri” sono per ciascun piemontese, non importa di che eta’, un classico di infanzia: sono caramelle fatte di nocciola e cioccolato coperti di momperiglia bianca, e incartati in involucri colorati che li rendono docli tipici del carnevale. Sono dolci ”poveri”: al contrario dei marron glaces, nati attorno al Cinquecento nel cuneese; o le meringhe, diffusissime alla corte dei Savoia per non sprecare gli albumi delle dozzine di uova di cui si usava soltanto il tuorlo, come ricostituente. Croccanti, anche se con impasti diversi, sono nocciolini, savoiardi e torcetti, questi ultimi vere e proprie icone dell’arte bianca piemontese. Somigliano ai baci di dama, infine, gli ”umbertini”: ma lo strato di cioccolato e’ doppio e al posto della frolla ci sono due amaretti. Chiudono la guida gli ”zest”, scorzette d’arancia, cedro e limone candite e tuffate nel cioccolato.

Le bignole migliori
L’ente turismo torino, insieme alla Camera di Commercio, ha anche individuato trenta pasticcerie storiche torinesi a prova di bignole. L’elenco e’ sulla guida, che si intitola ”I pasticcini del re” e si puo’ richiedere all’ente turistico torinese, www.turismotorino.org.

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