Perù: viaggio sull’isola che non c’é. Un arcipelago galleggiante sul lago Titicaca

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L’isola che non c’è esiste. Appare all’orizzonte, nelle acque del lago Titicaca, al confine tra la Bolivia e Perù e poi scompare. Reale, l’isola è reale, si può visitare, conoscerne gli abitanti, ma il giorno dopo potrebbe non essere più lì. È il “prodigio” dell’arcipelago galleggiante, costruito dalle popolazioni Uros con fascine di totora (un tipo di canna che cresce nella zona) per proteggersi dai nemici, tra cui i bellicosi Incas, nell’epoca precolombiana. In caso di pericolo, gli abitanti possono sollevare la pesante ancora che assicura l’isola al fondo del lago e spostarsi con dei lunghi remi in un posto più sicuro. Sono circa 20 le isole galleggianti e si trovano cinque chilometri a Ovest del vivace porto peruviano di Puno. Da qui molte agenzie di viaggio organizzano visite all’arcipelago, tanto che il turismo è diventato la principale fonte di reddito degli Uros e ci sono casi di isole, di fatto disabitate, dove gli antichi abitanti si recano dalla mattina alla sera per accogliere i visitatori.

L’isola che non c’è
Le isole principali sono Tupiri, Santa Maria, Tribuna, Toranipata, Chumi, Paraíso, Kapi, Titino, Tinajero e Negrone che sono abitate da una decina di famiglie e mantengono la tradizione della tessitura, della pesca artigianale (soprattutto del carachi e del persico) e della caccia di uccelli selvatici. Più di 60 specie di volatili sorvolano infatti il lago Titicaca, che il più grande lago navigabile al mondo (8.330 chilometri quadrati a un’altitudine di 3.812 metri sopra il livello del mare) e ospita una riserva naturale fin dal 1978. Tra le specie più diffuse ci sono i fenicotteri (chiamati parihuanas), le oche andine, i keles, i chullumpis e i lequeleques. Il periodo migliore per visitare il lago è febbraio, quando la temperatura (normalmente fredda e secca, compresa tra 1 e 15 gradi centigradi) è relativamente mite e la città di Puno è animata dalla Festa della Vergine della Candelora. Le celebrazioni sono molto sentite dagli abitanti della zona, discendenti del popolo Aymara, e ricche di musica e balli. Basta pensare che Puno è chiamata la “Capitale del folklore peruviano” e sono più di 300 le danze tradizionali della regione che vanno in scena per l’occassione.

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