Cambogia: tour di Angkor Thom

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Ha una storia lunga e travagliata Angkor Thom, in Cambogia, che trapela ancora dai resti visibili dai turisti che la raggiungono. Il significato letterale del suo nome è “grande città” e si tratta di un termine khmer. A far costruire l’area fu il re Jayavarman VII nel XII secolo. Un sovrano che ha sempre avuto nei secoli una certa importanza, visto che ha diffuso in tutto il Paese per primo il Buddhismo. Insomma, fu il fautore di grandi novità e rivoluzioni, tanto da far scomparire il precedente culto devaraja, in pratica quello del Re-Dio.

Un tempo questa città era al limite del mitico, del surreale. Appariva come la più grande area imperiale con oltre dieci chilometri di estensione. Era tutta fortificata e dall’esterno si mostrava in tutta la sua maestosità. Era possibile entrare attraverso cinque porte e oggi, nonostante sia passato tanto tempo da quando furono eretti i suoi monumenti simboli, provoca sempre una certa emozione varcarne la soglia. Tra le costruzioni che vale la pena di vedere in questo tratto di Cambogia, sicuramente il Bayon. I materiali utilizzati sono laterite e arenaria e il progetto seguito è quello del tempio-montagna su tre livelli. Spiccano ben 54 torri con 256 volti scolpiti nella pietra. Immaginate la meraviglia infinita e il lavoro certosino per completare l’opera d’arte.

Gli studiosi moderni ritengono comunque che l’immagine che oggi abbiamo dell’area non è perfettamente identica all’originale. E’ molto facile, infatti, che sia stata rimaneggiata. Il motivo sarebbe legato dunque alla rappresentazione fedele del Bodhisattva Avalokitesvara, il bodhisattva della compassione, secondo le intenzioni di Jayavarman VII. La civiltà khmer, invece, è tutta raccontata nelle gallerie che circondano il tempio. Dentro il Bayon, notevole è poi la Terrazza degli Elefanti, dove i pachidermi sono ripresi a grandezza naturale in arenaria con tanto di bassorilievi di importanza storica e artistica inestimabile.

Photo Credit: Manfred Werner (User:Tsui, Tsui at de.wikipedia.org) su Wikimedia Commons