Lhasa e la mezza maratona a 3.650 metri sul mare

di Redazione Commenta

Tempi eccezionali e sfida all’ossigeno vinta per migliaia di atleti

Ad agosto vi annunciavamo il viaggio ai piedi dell’Himalaya, nel Sichuan e nel Tibet, di tre social influencer italiani – Laura Comolli, Roberto De Rosa e Nicolò Leone. Destinazioni: Chengdu, capoluogo del Sichuan, e Lhasa, cuore spirituale del Tibet, per un viaggio esperienziale promosso dall’Associazione ‘Mirabile Tibet’ e organizzato dall’Agenzia di comunicazione I SAY in due dei luoghi più ricchi di Storia, Natura e Cultura ai piedi dell’Himalaya. Ora, mentre scorriamo le loro immagini e stories Instagram, ecco uno degli eventi più incredibili ai quali i nostri protagonisti dei social hanno potuto assistere: la mezza maratona più alta del mondo, dove la maggiore sfida è respirare.

La vera prova: l’ossigeno

4000 corridori hanno affrontato le prove della manifestazione, che oltre alla mezza maratona prevede altre due corse (da 10 e 5 chilometri). Donne e uomini coraggiosi ed entusiasti, in una terra – quella tibetana – che vede sempre più residenti interessarsi allo Sport e al fitness.

All’inizio e alla fine dei percorsi di gara, danze tradizionali tibetane, performance culturali ed esibizioni di Tai Chi con e senza spada. Lungo la strada, stazioni di servizio con piccole bottiglie di ossigeno da prendere al volo e, all’arrivo, postazioni mediche provviste di bombole per il completo recupero fisico di tutti i corridori. Perché la sfida non è tanto per i muscoli quanto per i polmoni e la circolazione – anche cerebrale – a un’altitudine che rende l’aria ben più rarefatta di quella alla quale siamo abituati. Una caratteristica che i nostri speciali viaggiatori hanno scoperto già nelle stanze del loro albergo, tutte munite di queste confezioni e di macchinari per la regolazione dell’ossigeno nella stanza.

Rispetto al tempo medio di poco meno di un’ora in condizioni “normali”, i circa 21 chilometri della mezza maratona sono stati vinti da due atleti tibetani in 70 minuti 3 secondi nella corsa maschile e 83 minuti 48 secondi in quella femminile. Risultati eccezionali di gente eccezionale. Vissuti con assoluta responsabilità oltre che capacità, laddove il Comitato organizzativo accetta solo corridori che hanno superato corse ad altitudini simili negli ultimi due anni.

Il lato sportivo del Tibet

“Il mio respiro era più veloce, le mie gambe erano pesanti e il mio cuore stava superando i 180 battiti al minuto: stavo perdendo le forze molto prima di quanto mi aspettassi… Ma ho stabilizzato respiro e ritmo del cuore, e ho finito la mia corsa con un sorriso. Come dice il Comitato organizzativo, anche saper rinunciare è una forma di coraggio e ritornare salvo a casa è la vera finish line della Maratona di Lhasa”. Queste le parole di uno dei corridori, parte di un più ampio racconto riportato dall’agenzia di Stampa Xinhua. “Di solito finisco entro le due ore ma qui sono contento di averlo fatto entro le tre totali concesse”, aggiunge un signore di 70 anni proveniente da Shanghai e che quest’anno ha già corso oltre 10 maratone.

Ecco: il Tibet solo come luogo di spiritualità e pastorizia dello Yak è un’idea comune ma è anche un errore. I Tibetani nascono sportivi, accompagnando sempre alle competizioni altri giochi, tanti colori, feste e cerimonie. Il tiro con l’arco per esempio, da fermi e da cavallo, che vede sia numerose piccole gare sia grandi festival dedicati. Le gare sugli Yak, che i turisti possono seguire anche durante il festival di Shoton, con musiche e danze lungo i percorsi. O quelle a cavallo senza sella, le più antiche, con ben tre festival dedicati. Senza dimenticare il wrestling – anch’esso tradizionale – e le competizioni di forza fisica. Se ci pensiamo un momento, tutte capacità richieste dal plurimillenario vivere ai piedi dell’Himalaya. Dove bisognava saper cacciare, lavorare di fatica o trasportare merci agricole oltre le montagne per scambiarle con altro necessario.

Insomma, una terra ancora da scoprire – anche attraverso i suoi sport.