
La forza dei prezzi bassi è irresistibile. All’indomani dell’11 settembre 2001, mentre le compagnie di tutto il mondo lasciavano gli aerei a terra per non farli volare vuoti, Ryanair si inventò una campagna pubblicitaria che, offrendo biglietti a una sterlina, le permise di limitare i danni nel momento più difficile di ogni tempo per l’aviazione civile. I prezzi bassi, però, hanno un costo. Che la compagnia aerea accusata di trattare peggio i propri viaggiatori sia anche quella di maggiore successo in Europa è una contraddizione che poteva spiegare solo un libro ben documentato come quello di Siobhán Creaton (Ryanair. Il prezzo del low-cost, Egea, 2008, 300 pagine, 19 euro, prefazione di David Jarach), in uscita questa settimana. Nata alla fine del 1985 in Irlanda e identificata prima con il funambolico fondatore, Tony Ryan e poi con il ruvido amministratore delegato, Michael O’Leary, Ryanair è oggi la terza compagnia europea in termini di passeggeri trasportati, con una capitalizzazione di mercato che sfiora i 10 miliardi di euro. Pur ispirandosi dichiaratamente all’esperienza americana di Southwest, la compagnia irlandese se ne distingue per una disattenzione apertamente dichiarata per ogni esigenza che vada al di là di quella di essere trasportati da un punto all’altro a un prezzo che difficilmente teme concorrenza.